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L’eclisse totale di sole del 1870 Ileana Chinnici

Venne quindi istituita, nel 1869, un’apposita commissione per determinare il programma scientifico ed avviare i preparativi della spedizione. L’eclisse presentava un interesse scientifico elevato, dal momento che sarebbe stato possibile sperimentare alcune prime applicazioni di due nuove tecniche, il cui uso si stava consolidando in quegli anni in campo astronomico – e cioè la fotografia e la spettroscopia. In particolare, l’anno precedente, durante un’eclisse totale di sole osservata in India, era stata per la prima volta osservata allo spettroscopio una non identificata riga verde in emissione nello spettro della corona solare: un’osservazione che attendeva dunque conferma in occasione dell’eclisse del 1870. La commissione italiana era presieduta dal più che ottuagenario Giovanni Santini, decano degli astronomi italiani, ma di fatto la parte organizzativa fu delegata a Cacciatore, nominato vice-presidente. Altri membri della Commissione furono Giovan Battista Donati, Annibale De Gasparis e Giovanni Virginio Schiaparelli, direttori dei principali Osservatori astronomici italiani dell’epoca, e cioè rispettivamente di Firenze, Napoli e Milano. Sebbene fosse uno dei maggiori esperti di quel tempo in campo astronomico, e nonostante l’esperienza già maturata nel settore con l’osservazione dell’eclisse totale di Sole del 1860, che aveva effettuato in Spagna, Angelo Secchi, gesuita e direttore dell’Osservatorio astronomico del Collegio Romano, pioniere dell’astrofisica moderna, fu inizialmente escluso dalla Commissione. Nato a Reggio Emilia nel 1818, Secchi era entrato a quindici anni nella Compagnia di Gesù, dove aveva sviluppato la sua predisposizione per gli studi scientifici. Destinato a diventare professore di Fisica, nel 1850, dopo alterne vicende, si ritrovò invece direttore dell’Osservatorio del Collegio Romano, che vantava una lunga tradizione di ricerche astronomiche e dove, grazie al suo originale approccio da fisico, furono gettate le basi della moderna astrofisica e fisica solare. Le motivazioni dell’esclusione di Secchi dalla Commissione erano di tipo essenzialmente politico, dato che la questione romana non era stata ancora risolta e che Roma non rientrava quindi nel territorio italiano. Tuttavia, vi furono anche motivazioni ideologiche, dal momento che alcuni membri della Commissione, in particolare Donati e Cacciatore, avevano posizioni massoniche e anticlericali. Consapevole della gravità dell’assenza di Secchi, Tacchini si rivolse direttamente al presidente della commissione, Santini, suo antico maestro a Padova, al quale era rimasto legato da filiali rapporti, segnalando l’opportunità di rivolgere a Secchi esplicito invito ad unirsi alla spedizione, essendo il gesuita l’unico in Italia che possa gareggiare cogli stranieri in fatto di spettroscopia (Tacchini a Secchi, Palermo, 29 maggio 1869). Tacchini convinse Secchi ad accettare e si adoperò perché tutti gli ostacoli di tipo finanziario e istituzionale fossero superati. Secchi avrebbe portato con sé i propri strumenti – in particolare, il rifrattore Cauchoix che aveva già utilizzato per l’eclisse del 1860 in Spagna - ma tutte le spese di viaggio e trasporto sarebbero state a carico della commissione: Ella non avrebbe nulla a chiedere al suo governo, se non il permesso di venire in Sicilia e di portare con sé istrumenti dell’osservatorio, fra i quali sarebbe interessante l’avere il cannocchiale, cioè l’equatoriale di cui ella si servì in Spagna; ben inteso che trasporto, spese di imballaggio e viaggio sarebbero a carico del governo nostro e non pontificio (Tacchini a Secchi, 13 settembre 1869). Nel settembre 1869, Secchi partecipò quindi alla riunione della Commissione, che decise la suddivisione dei compiti. Secchi convinse i colleghi dell’importanza di fotografare il fenomeno, superando le opposizioni di alcuni che ritenevano troppo costose queste operazioni. Inoltre, essendo ben note le qualità di ottimo divulgatore di Angelo Secchi, la Commissione gli affidò il compito di preparare un manuale di istruzioni per gli astrofili che intendevano collaborare con la Commissione, osservando il fenomeno da varie stazioni. Dal momento che l’eclisse doveva verificarsi il 22 dicembre, in piena stagione invernale, su proposta di Tacchini la Commissione decise di allestire due stazioni astronomiche, una sul versante ionico ed una sul Canale di Sicilia, in modo da minimizzare il rischio di incorrere nel cattivo tempo. Dopo un viaggio di ricognizione si stabilì di allestire una stazione presso Villa San Giuliano a Villasmundo, ed una a Terranova, l’attuale Gela. Tuttavia, in seguito, dal momento che gli strumenti sarebbero arrivati via mare con un vapore (il Plebiscito) messo a disposizione dalla Marina italiana, ed essendo inoltre venuti al corrente del fatto che la zona di Villasmundo era infestata dalla malaria, a causa della prolungata siccità estiva, si decise di rinunciare ad allestire la stazione a Villa San Giuliano e di realizzarla invece ad Augusta, sfruttando il porto per l’arrivo degli strumenti ed utilizzando l’antico castello, divenuto fortino militare, per erigere le postazioni astronomiche. Ad Augusta tutti i preparativi furono eseguiti da Tacchini con grande solerzia, impegno e competenza. La sua formazione da ingegnere si rivelò particolarmente preziosa per l’allestimento delle stazioni, ma anche il suo profondo senso pratico nella gestione economica, molto attenta ed oculata. Nel giro di pochi giorni i primi lavori in muratura vennero eseguiti con successo, in attesa dell’arrivo del legname per la costruzione delle baracche; dalla corrispondenza con Cacciatore emerge in modo chiaro anche l’attenzione di Tacchini per i colleghi in arrivo, per i consigli pratici e per la qualità del soggiorno, che egli non mancò di curare, per quanto possibile. Anche il tempo libero non era certo impiegato inutilmente da Tacchini, tra gite alle saline di Augusta e battute di caccia con l’amico naturalista Pietro Doderlein (1809-1895), modenese anche lui, titolare della cattedra di Zoologia e Anatomia comparata presso l’Ateneo palermitano. Nel frattempo, la situazione politica subiva un importante cambiamento. A causa dello scoppio della guerra franco-prussiana, la commissione dovette affrontare alcuni inconvenienti: gli spettroscopi ordinati in Germania alla ditta Merz, non arrivarono in tempo e i cerchi graduati dell’equatoriale Fraunhofer dell’Osservatorio di Napoli, mandati a Parigi presso la ditta Secretan per essere rinnovati, rimasero bloccati nella città a causa degli eventi bellici. Con rammarico, ma per necessità, si dovette quindi ripiegare su strumenti qualitativamente inferiori e di conseguenza meno affidabili. I suddetti eventi bellici provocarono però effetti importanti anche sull’assetto politico italiano. Nel settembre 1870, infatti, essendo stati gli zuavi francesi a guardia di Roma chiamati sul fronte prussiano, si realizzarono le condizioni favorevoli per la risoluzione della questione romana: attraverso la breccia di Porta Pia, infatti, i bersaglieri entrarono a Roma, ponendo fine al potere temporale del Papato. Roma fu annessa al Regno d’Italia e ne divenne la capitale. Ora, dal momento che in tutti i territori dell’ex-Stato Pontificio già annessi al Regno d’Italia era stata applicata la confisca dei beni ecclesiastici, il rischio che correva l’Osservatorio del Collegio Romano era evidente. Secchi apprese la notizia mentre era a Napoli, in viaggio verso la Sicilia, col suo fido assistente, fratel Francesco Marchetti. Immediatamente decise di rimandare Marchetti indietro a Roma, in modo da mettere in salvo strumenti e libri, in caso di necessità. Imbarcatosi a Napoli, insieme a padre Francesco Denza (1834–94), barnabita, incaricato delle osservazioni spettroscopiche della corona solare, ai primi di novembre Secchi giunse a Palermo, dove fu accolto con grandi onori, preceduto dalla sua fama e dalla sua alta popolarità: Da alcuni giorni sono a Palermo, dove ricevo molti onori e complimenti. […] Sono stato questa mattina nella cattedrale dove i canonici mi hanno fatto un’accoglienza straordinaria, giacché hanno fatto scoprire l’urna di S. Rosalia, cosa che non si fa che due volte l’anno, e poi in presenza di casa reale! […] La pianeta che usai era di corallo e il calice d’oro gemmato. (Archivio Pontifica Università Gregoriana, Fondo Secchi, 23.II.C) Durante il soggiorno a Palermo, Padre Secchi eseguì alcuni lavori scientifici all’Osservatorio. In particolare, diede inizio al montaggio del meteorografo (uno speciale strumento meteorologico, da lui inventato) e adattò il suo spettroscopio al telescopio equatoriale Merz (praticamente identico a quello utilizzato al Collegio Romano) per osservazioni spettroscopiche stellari: Si è cominciato a montare il meteorografo, e il tempo passa in questo lavoro, e in accomodare l’equatoriale per lo spettrometro. Si fecero vedere ai professori le stelle principali, che ne rimasero storditi … (ibidem) La sera del 27 novembre, Secchi, insieme ad altri membri della spedizione scientifica, partivano da Palermo col Plebiscito, carico di strumenti, alla volta di Augusta. Il piroscafo fece sosta a Messina, dove egli poté ammirare il magnifico stretto del faro ove i vortici sono così belli e manifesti che sono una meraviglia (ibidem). Secchi fu anche ricevuto dal vescovo e visitò la cattedrale; sparsasi la voce del suo arrivo, fu anche invitato a visitare l’università, dove ebbe molti attestati di stima e rispetto. Il Plebiscito riprese quindi la rotta, svelando il magnifico panorama dell’Etna dalla costa ionica che Secchi e gli altri a bordo poterono ammirare: … si partì per Augusta ed ammirammo il bel prospetto dell’Etna a largo di mare di circa 11 miglia, che è un incantesimo di bellezza. […] sono tutte borgate e paesi sparsi alle falde. La metà in su è boschi; e la cima è neve! Spettacolo unico nell’Universo. (ibidem) Giunti ad Augusta nella serata del 29 novembre, furono scaricate le casse con gli strumenti, e messe al sicuro, mentre il personale scientifico si ritrovava al completo, essendo arrivati per ferrovia altri componenti della spedizione: gli astronomi furono quindi accolti con cordialità dalle autorità civili e dalla gente del posto che con festevoli accoglienze volle assicurarci che noi calcavamo un suolo civile ed ospitale (Cacciatore 1872, p. 6) Va detto che la spedizione italiana non fu l’unica ad attestarsi ad Augusta: anche una parte della spedizione scientifica inglese – diretta a Siracusa ma incorsa nel naufragio della loro nave Psyche al largo di Catania, e costretta a dividersi in due stazioni - scelse gli spalti del castello per allestire la propria stazione di osservazioni, sotto la guida di William G. Adams (1836-1915), mentre il resto della spedizione, capitanata da Norman J. Lockyer (1836-1920), era rimasto a Catania, dove aveva allestito una stazione al Monastero dei Benedettini. Ad Augusta, gli astronomi inglesi piantarono l’accampamento ai piedi del Castello dove si trovava la stazione italiana; Cacciatore riferisce che gli astronomi italiani furono con quei distinti signori in amichevoli e cordiali rapporti queli convengonsi fra cittadini di culte e libere nazioni (Cacciatore 1872, p. 7). Il maltempo purtroppo non si fece attendere: vento e pioggia infuriarono per diversi giorni, mettendo alla prova la tenuta delle baracche allestite presso il castello di Augusta, e coperte con tela cerata, dove vennero collocati gli strumenti. Forti venti disturbarono le operazioni di messa a punto degli strumenti, tanto da far prendere in considerazione l’idea di trasferire le baracche in un punto più basso e meno esposto al vento. Secchi avrebbe preferito trasferire la stazione astronomica nel convento dei Minimi, abbandonato da tempo, ma desistette dall’iniziativa, consapevole che un tale sito non avrebbe riscontrato il gradimento dei colleghi anticlericali della commissione: Un sito magnifico per la commissione sarebbe stato il convento dei paolotti abbandonato e disabitato, ma a costoro fa male quell’aria. (Archivio Pontifica Università Gregoriana, Fondo Secchi, 23.II.C) A dire il vero, la condotta di questi ultimi provocava non poco imbarazzo a Secchi, tra banchetti con buon vino e festini serali con allegre compagnie femminili. Secchi non poté fare a meno di annotare nei suoi diari: Questa sera vi è grande combriccola di femine […]. Mi accorgo che cosa sia questa canaglia di liberali. Non sono vivi che alle femine (ibidem) Da buon religioso, nei giorni festivi Secchi, insieme a Denza, andava a celebrare Messa nella Chiesa Madre di Augusta, sempre accolto cordialmente, come altrove. È lecito ritenere che questi momenti lo distogliessero dalle sue preoccupazioni, non solo scientifiche. Molto più che per la riuscita delle osservazioni dell’eclisse, infatti, Secchi era fortemente preoccupato per il suo futuro. Per obbedienza ai superiori, a malincuore aveva infatti rinunciato alla cattedra di astrofisica all’Università La Sapienza di Roma, che gli era stata offerta dal Governo italiano, e temeva che questo gesto avrebbe provocato ritorsioni, non ultimo la confisca dell’Osservatorio del Collegio Romano – e quindi la sua conseguente espulsione. Era stato un passo difficile, dettato anche dalle accuse che circolavano contro di lui da parte di alcuni filo-papali, che avevano addirittura parlato di una sua connivenza col nemico Governo italiano, di tradimento nei confronti del Papa e addirittura di un suo abbandono della Compagnia di Gesù – tutte voci che lo avevano ferito profondamente. Furono giorni bui ed angoscianti per Secchi, che scrisse ai suoi confratelli di mettere al sicuro libri e strumenti, preparandosi al peggio. Egli non poteva infatti accettare di rimanere alla direzione dell’Osservatorio, se questo non fosse rimasto pontificio, e quindi del tutto indipendente dal Governo italiano. Gli fu certamente di sollievo anche l’incontro con alcuni membri della spedizione scientifica americana, venuta ad osservare l’eclisse, che avevano allestito una stazione astronomica a Siracusa; incontrandoli cordialmente, Secchi scoprì di avere con loro delle conoscenze in comune, acquisite durante il suo breve soggiorno negli Stati Uniti nel 1848-49, presso il Collegio di Georgetown, a Washington D. C. Questo incontro gli aprì una possibile prospettiva: Questi bravi signori […] abitano proprio presso al nostro collegio di Georgetown presso Washington. […] Mi hanno detto tante cose [dei Padri Gesuiti], tutti miei contemporanei colà. Ho passato una serata in Georgetown! […] Che buona gente! Questo forse è provvidenziale perché se non potrò restare a Roma tornerò al mio vecchio asilo. (Secchi a Marchetti, Augusta, 23 dicembre 1870) Nei giorni precedenti all’eclisse, con grande sollievo degli astronomi, il tempo tornò favorevole e si poté così procedere alla sistemazione dei vari strumenti e dare inizio alle osservazioni magnetiche e meteorologiche. Secchi eseguì anche alcuni tentativi di fotografare la luna e il sole. La grande variabilità del tempo, tuttavia, tenne in forte apprensione gli astronomi fino all’ultimo istante. All’approssimarsi dell’eclisse, infatti, il tempo continuava ad essere fortemente variabile, con vento costante e burrasche intermittenti. Così Cacciatore descrive la situazione nel tanto atteso giorno: L’alba del 22 apparve assai scoraggiante. Nella notte erasi avuta pioggia e vento impetuoso: il barometro rapidamente calava, tutto all’intorno […] cumulavansi delle nubi, e in qualche sito cadeva la pioggia. Il Cielo non interamente coperto era sparso di spessi cirri fortemente mossi dai venti: […] così fra speranze e timori noi attendemmo il principio dell’Ecclisse. (Cacciatore 1872, p. 7) Come si temeva, l’esito delle osservazioni fu compromesso dal cielo nuvoloso; fu infatti possibile osservare solo alcune fasi parziali dell’eclisse, mentre la fase di totalità fu perduta, perché il cielo si coprì: … [all’inizio del fenomeno] il Sole apparve raggiante e luminoso, sì che provocò un grido di gioia fra quanti stavano intenti ad osservarlo. Tale si mantenne insino al momento della totalità, ma allora delle nuvole si fecero a traversare il disco oscurato, ed era sì rapido il movimento ed il succedersi l’una all’altra che in sensi differenti influirono sul grado di visibilità di ognuno degli osservatori, di guisa che vi furono i più e i meno fortunati. (ibidem) La presenza delle nubi al momento della totalità impedì a Secchi di fotografare convenientemente la corona solare, ma riuscì a fotografare alcune fasi parziali dell’eclisse e ad effettuare alcune osservazioni di protuberanze. Donati riuscì ad osservare le righe dell'idrogeno e dell'elio nelle protuberanze solari, mentre nello spettro coronale Denza osservò due righe in emissione, che però non fu in grado di identificare. Simili risultati, anch’essi ostacolati da condizioni di cielo nuvoloso, ottennero gli astronomi italiani nella stazione di Gela. La spedizione, sebbene non perfettamente riuscita sul piano scientifico, diede però agli astronomi italiani la possibilità di incontrarsi e di confrontarsi sulle nuove tecniche applicate in campo astronomico, gettando le basi per una cooperazione che porterà, nell’ottobre 1871, alla fondazione della celebre ‘Società degli Spettroscopisti Italiani’, promossa da Secchi e Tacchini, che avrà un ruolo storicamente importante nello sviluppo della fisica solare. I risultati delle osservazioni nelle due stazioni vennero raccolti sotto forma di Rapporti al Ministro della Pubblica Istruzione, e pubblicati a Palermo nel 1872, per la verità con un certo ritardo, dato che i rapporti scientifici di questo genere venivano di norma pubblicati entro l’anno. Il volume contiene le relazioni scientifiche di tutti i membri della spedizione governativa, ma menziona anche i risultati delle osservazioni amatoriali eseguite nelle varie stazioni dell’Isola. Al di là delle considerazioni di tipo scientifico, merita tuttavia attenzione anche l’impatto che la spedizione scientifica per l’eclisse del 1870 ebbe nella realtà sociale e culturale locale. Dal racconto di Cacciatore, si evince che, per la gente di Augusta, l’eclisse era stata una vera e propria festa popolare, che egli descrive con tipica enfasi patriottica: La mattina del 22 la bandiera nazionale sventolava sugli spaldi del castello d’Augusta. Sul luogo che, baluardo un dì della tirannide, erasi trasformato in asilo della scienza, noi vollimo inaugurare quel giorno con un saluto al vessillo della nostra redenzione, e all’era avventurosa in cui governo e popolo non mirano che ad unico intento, all’onore nazionale e al progresso della civiltà. Alla festa della scienza con bella espansione rispondea la vaga città sporgente sul mare. Già sin dai primi albori le vie gremivansi di gente, che smessi gli abituali esercizi, stavasi con curiosità ad attendere il preconizzato avvenimento. Il palazzo municipale paravasi a festa, concerti musicali echeggiavano per le vie: quei buoni popolani predisposti da intelligenti magistrati, esultanti per la fortuna toccata al paese natio, stavansi ad attendere con interesse il fenomeno, e a non riguardarlo che quale conseguenza delle leggi della natura (Cacciatore 1872, p. 9). Il giorno dopo l’eclisse, fu organizzato un solenne banchetto nella sala del Teatro Comunale per salutare gli scienziati, da parte del Sindaco facente funzione, barone Tumscitz. In memoria dell’eclisse, fu chiesto a Secchi e Donati di tracciare una meridiana sulla facciata del Palazzo municipale, dove è tuttora visibile. È interessante notare come questa scelta avesse anche un significato politico, dal momento che la meridiana nasceva dalla collaborazione tra un gesuita ed un anticlericale, e quindi sanciva una sorta di “pax scientifica” tra gli esponenti del partito filopapale e quelli del governo unitario, in nome appunto della scienza. Un’iscrizione, simmetricamente disposta rispetto alla meridiana, ancora oggi ricorda la circostanza dell’eclisse, in cui essa fu realizzata. Anche il concorso degli astrofili ebbe felice riscontro: numerosi furono infatti gli astronomi amatoriali che osservarono l’eclisse in Sicilia; tra questi, va ricordato Giulio Tomasi (1815-1885), Principe di Lampedusa, che andò ad osservare l’eclisse dalla sua tenuta di Agrigento (allora, Girgenti), e diversi professori di fisica, presidi, ingegneri, ecc. sparsi un po' ovunque nella zona di totalità, che inviarono alla Commissione i risultati delle loro osservazioni, spesso accompagnati da disegni e acquerelli. Angelo Secchi, col resto della Commissione, rientrarono nelle rispettive sedi, dopo questa intensa esperienza. Per lui, ebbe inizio un periodo bello e difficile, che vide, da una parte, l’avviarsi della proficua collaborazione scientifica con Tacchini all’interno della Società degli Spettroscopisti Italiani, dall’altro la continua minaccia di perdere il suo Osservatorio per confisca da parte del Governo italiano. Solo nel 1876, col Decreto Bonghi, Secchi ottenne uno status speciale per il suo osservatorio, a prezzo di gravi sacrifici economici, dal momento che non fu più finanziato né dal papato, né dal Governo italiano. Provato da queste vicende, che seppe tuttavia affrontare con animo forte, Secchi si spense prematuramente nel 1878, lasciando una preziosa eredità scientifica nei suoi fondamentali studi spettrali, di cui tutta l’astrofisica moderna ha beneficiato. Bibliografia • Agnello A. (1870), Sull’ecclisse totale di sole del 22 dicembre 1870 visibile dalla Sicilia, Palermo, Luigi Pedone Lauriel Editore. • Bellina G. 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